L’importanza delle pause nel processo di apprendimento

Spesso vediamo le pause come momenti improduttivi. Nuovi studi dimostrano che le pause sono fondamentali per il processo di apprendimento.

L’importanza delle pause nel processo di apprendimento

Spesso vediamo le pause come momenti improduttivi. Nuovi studi dimostrano che le pause sono fondamentali per il processo di apprendimento.

Quando siamo piccoli ci viene insegnato che la pratica è fondamentale per diventare bravi in qualcosa. Per imparare a diventare ambidestri a calcio, bisogna abituarsi a palleggiare e tirare col piede sinistro e ripetere il processo più volte finché non diventi naturale. Allo stesso modo, per risolvere un problema matematico bisogna esercitarsi fino a che le operazioni necessarie per la risoluzione siano familiari.

Secondo una scuola di pensiero popolare, è proprio la manipolazione attiva e ripetuta del materiale didattico o di un'attività pratica a gettare le basi neurali per lo sviluppo di un’abilità. Tuttavia, il tempo trascorso lontano dal campo da calcio o dai libri di matematica è spesso visto come una pausa nel processo di apprendimento. Un modo per rinfrescarsi, rigenerarsi e poi tornare al lavoro, il momento in cui si fa la vera pratica.

Leonardo Cohen, neuroscienziato presso il National Institutes of Health degli Stati Uniti, crede che l'idea che le pause siano un periodo di riposo è sbagliata e ha esposto la sua tesi e le sue ricerche in uno studio pubblicato sulla rivista Cell nel 2021.


Lo studio

Cohen e i suoi colleghi hanno utilizzato una tecnica di scansione cerebrale altamente sensibile, chiamata magnetoencefalografia, per osservare l'attività neurale di giovani adulti mentre imparavano a digitare parole con la mano non dominante. Dopo una sessione di pratica, i partecipanti allo studio hanno fatto una breve pausa e hanno continuato a esercitarsi, per un totale di 35 sessioni.

Analizzando i dati, il team di Cohen ha fatto una scoperta interessante: durante le pause hanno osservato un picco nell'attività cerebrale che imitava lo schema neurale visto durante la sessione di pratica, ma compresso di venti volte. Questo vuol dire che invece di essere inattivo durante una pausa, il cervello stava riproducendo la sessione di pratica più e più volte a una velocità sorprendentemente elevata, passando il materiale dalla neocorteccia, dove vengono elaborate le abilità sensoriali e motorie, all'ippocampo, il centro della memoria del cervello, più di due dozzine di volte nell'arco di 10 secondi. Si è scoperto dunque che prendersi una pausa non vuol dire affatto “staccare il cervello” dall’attività che si sta svolgendo.

I risultati fanno eco a una scoperta piuttosto rivoluzionaria nel settore della neuroscienza compiuto da un team di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT), negli Stati Uniti. Nel 2001 il team ha scoperto che i ratti, dopo aver percorso con successo un labirinto, riproducevano ripetutamente quei ricordi durante il sonno. Durante la fase REM i ricercatori sono stati in grado di vedere che gli stessi circuiti nel cervello che si animavano nel trovare una via di uscita dal labirinto, si animavano anche durante il sonno.


L’importanza della scoperta

Cohen spiega che quando impariamo una nuova abilità, il nostro cervello deve collegarla ai ricordi precedenti, un processo chiamato "legame neurale". Il classico esempio per spiegare questo processo è quello del pianoforte: quando impariamo a suonare il pianoforte, il nostro cervello deve collegare un'azione semplice - premere un tasto del pianoforte - con un'abilità più ampia e complessa, come suonare una canzone. Finora gli scienziati non erano riusciti a capire come il cervello collegasse queste due azioni diverse in un'abilità consolidata.

Grazie alla loro ricerca, l'équipe di Cohen ha scoperto che dopo aver appreso nuove informazioni, il nostro cervello continua a lavorare, utilizzando le pause come terreno fertile per elaborare, organizzare e integrare le informazioni apprese. La tesi della loro ricerca è spiegata da quello che chiamano ‘neural replay’, che in termini scientifici viene definito come la "riattivazione temporalmente compressa di schemi di attività neurale che rappresentano sequenze comportamentali durante il riposo". In altre parole, dopo aver esercitato un'abilità, il nostro cervello ripercorre rapidamente l'esperienza, comprimendo il materiale per ottimizzare la memorizzazione e il ricordo.

La principale considerazione di Cohen e dei suoi colleghi dopo questa ricerca è che sottovalutiamo molto il valore delle pause nell'apprendimento. L’approccio tradizionale alla formazione dà priorità a un metodo che considera la pratica attiva come l'unico modo per progredire e vede le pause come dei momenti morti. Ma questo è un errore perché, a quanto pare, incorporare le pause nell'apprendimento ha un ruolo altrettanto importante della pratica se si vuole imparare una nuova abilità. La pausa sembra essere il periodo in cui il nostro cervello comprime e consolida i ricordi di ciò che abbiamo appena praticato.


La situazione nelle scuole

Per la formazione aziendale questo problema può essere risolto facilmente dal momento che è sufficiente cambiare delle regole interne all’azienda che integrino pause più frequenti durante la formazione. Tuttavia, lo stesso non si può dire per la formazione che avviene negli istituti scolastici, dalle scuole elementari all’università. In questo caso, una semplice modifica come cambiare gli orari delle lezioni deve passare attraverso una lunga catena burocratica, in cui spesso si incontrano opinioni diverse.

Ciononostante, sono diversi gli esperti che diffondono questa tesi. La neurologa e insegnante Judy Willis sostiene che in classe le pause dovrebbero avvenire prima che subentrino stanchezza, noia, distrazione e disattenzione, e ciò significa che dovrebbero essere molto più frequenti di quanto non lo siano ora.

La dottoressa Willis, basando le sue conclusioni su decenni di ricerche, sostiene che, come regola generale, uno studio concentrato di 10-15 minuti per la scuola elementare e di 20-30 minuti per gli studenti delle scuole medie e superiori richiede una pausa di 3-5 minuti. Non è necessario aumentare il carico di lavoro dell’insegnanti pianificando attività divertenti e diverse ogni volta. Willis sostiene che le tecniche più semplici funzionano bene, per esempio spostarsi in un'altra parte della stanza, prendersi una pausa per fare stretching, cantare una canzone sul tema della lezione per ripassare i contenuti appena imparati, o chiacchierare informalmente per qualche minuto.

Con l'avanzare della giornata scolastica, è dimostrato che le pause cerebrali diventano sempre più importanti. Uno studio del 2016 ha rilevato che il nostro cervello inizia a sentire la stanchezza verso la fine della giornata, portando a un notevole calo delle prestazioni nei test. Questa ricerca ha scoperto che per ogni ora che passa durante giornata, le prestazioni nei test diminuiscono in modo significativo. L'inserimento di pause, tuttavia, non solo ha eliminato la diminuzione della concentrazione nell’arco della giornata, ma ha addirittura aumentato il rendimento. Gli stessi ricercatori hanno concluso che sembra che le pause ricarichino l'energia cognitiva degli studenti, portando così a migliori punteggi nei test.


Come usare le pause?

L’importanza delle pause nell’istruzione sta diventando così importante che le università stesse hanno delle pagine dedicate sui loro siti per informare e dare consigli agli studenti sull’importanza delle pause e su come metterle in pratica. Sui siti degli atenei italiani è più difficile trovarle, ma vediamo l’esempio dell'università del North Carolina, negli Stati Uniti, per avere un’idea. La pagina del loro sito è molto dettagliata e titolata “taking breaks”, che vuol dire “prendere pause”. Il sito risponde a domande come:

  • Perché le pause sono importanti?
  • Quali pause sono meno efficaci?
  • Quali tipi di pause hanno effetti positivi?
  • Quanto dovrebbe durare una pausa?
  • Come potete determinare quali sono le pause migliori per voi?
  • Come può aiutare la tecnologia?

Il sito dell’università spiega nel dettaglio anche i tipi di pausa suggeriti e che scopo hanno. Questa università, come molte altre, suggerisce agli studenti la tecnica del pomodoro per abituarsi a prendere pause durante la giornata. Questo metodo consiste nell’impostare un timer per definire un tempo di lavoro, seguito da un tempo di pausa. Questa tecnica è piuttosto diffusa e suggerisce che la suddivisione migliore per prendere pause sia una pausa che può variare tra i 2 e i 5 minuti ogni 25 minuti di lavoro.

Ma vediamo quali tipi di pausa è bene prendere per ottimizzare l’apprendimento. L’Università del North Carolina suggerisce quattro tipi di pausa:

  • Creatività

Diventare creativi che puo consistere in attività come:

  • Sognare ad occhi aperti
  • Stabilire un nuovo obiettivo
  • Imparare qualcosa di nuovo

Le attività creative hanno una serie di potenziali benefici. Possono aiutare a esercitare il alcune aree del cervello, a far riposare la corteccia prefrontale, a migliorare la memoria e, soprattutto, ad aiutare il cervello a produrre dopamina che migliora il nostro umore e dunque l’attidudine allo studio.

  • Muoversi   

Muoversi, che puo consistere in attività come:

  • Connettersi con la natura o con il paesaggio stradale
  • Cambiare l'ambiente in cui ci si trova
  • Svolgere un piccolo lavoro

Qualsiasi tipo di movimento è un ottimo modo per fare una pausa; aumenta le funzioni esecutive e migliora la vigilanza, l'attenzione e la motivazione. Anche un semplice cambiamento di luogo, all'interno o all'esterno, può produrre effetti calmanti o aiutare a combattere la noia. Muoversi e portare a termine un piccolo compito può anche dare un senso di realizzazione che può contribuire ad aumentare la produttività e la motivazione.

  • Nutrire il corpo o la mente

Nutrire il corpo o la mente che puo consistere in attività come:

  • Fare un pisolino energetico
  • Bere caffè o tè
  • Fare uno spuntino sano
  • Ascoltare musica
  • Meditare

Fare una pausa dal lavoro per prendersi cura del proprio corpo e della propria mente può aiutare a ridurre lo stress e a sentirsi più riposati, produttivi e attenti quando si torna al lavoro.

  • Socializzare

Socializzare può consistere in attività come:

  • Chiamare un amico
  • Rivolgersi alla famiglia
  • Parlare con un compagno di stanza

Quando ci si impegna con gli altri, si prova una sensazione di connessione sociale, che può creare uno stato emotivo positivo.


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